Ipparco di Nicea è considerato il più grande astronomo dell'antichità, ma della sua vita sappiamo pochissimo. Tutte le sue opere sono andate perdute, eccetto un Commento ad Arato e a Eudosso in cui correggeva gli errori commessi dai due astronomi nell'interpretare il sorgere e il tramontare delle stelle.
Nato verso il 194 a.C. e morto attorno al 120, Ipparco di Nicea trascorse quasi tutta la sua vita a Rodi. Studioso scrupoloso e pignolo, non si limitò a utilizzare i risultati di un secolo e mezzo di lavoro dell'osservatorio di Alessandria, ma eseguì egli stesso numerose osservazioni, servendosi di apparecchi ottici da lui appositamente perfezionati, come la meridiana, o inventati, come l'astrolabio. In particolare quest'ultimo strumento, utilizzato per misurare l'altezza degli astri sull'orizzonte, avrebbe trovato numerose applicazioni (nella navigazione, per esempio) grazie anche al perfezionamento cui l'avrebbero sottoposto gli arabi all'inizio dell'XI secolo, diffondendolo in Europa. Ipparco, comunque, per perfezionare ulteriormente i propri calcoli, definì le basi di un nuovo ramo della geometria sferica, quella che più tardi sarebbe diventata la trigonometria.
Proprio grazie all'astrolabio, riuscì nell'impresa di compilare il primo catalogo delle stelle fisse, indicando per ciascuna di esse, cioè per circa 850 stelle, latitudine, longitudine e splendore, quest'ultimo suddiviso in sei gradi, secondo una ripartizione divenuta poi classica. Ipparco definì la posizione delle stelle sulla base di un sistema di coordinate costituito dalla declinazione e dall'ascensione retta rispetto all'equatore, e, quindi, dalla latitudine e longitudine rispetto all'eclittica.
Confrontando le sue osservazioni con quelle precedenti degli astronomi alessandrini, not├▓ che la latitudine delle stelle si era mantenuta costante, mentre la loro longitudine era variata: in questo modo arriv├▓ alla fondamentale scoperta della "precessione degli equinozi".
Il sistema astronomico di Ipparco respingeva l'ipotesi eliocentrica di Aristarco di Samo (ca. 310-230 a.C.), e si fondava sull'ipotesi geocentrica secondo la quale sia le stelle sia i pianeti - Sole compreso - si muovono intorno alla Terra. Ma per sostenere tale ipotesi Ipparco doveva "salvare i fenomeni", cioè dimostrare con opportuni calcoli matematici la possibilità di spiegare in questo modo i movimenti degli oggetti celesti. E poiché alcuni di questi movimenti contrastavano con l'ipotesi geocentrica, Ipparco costruì un complesso sistema di eccentrici ed epicicli.
Riprendendo in parte le teorie di Eraclide Pontico (ca. 390-310 a.C.), Ipparco immaginò i pianeti ruotanti attorno a un corpo anch'esso in rotazione: secondo questa ipotesi tanto i pianeti quanto il Sole e la Luna si muovono lungo cerchi (di raggio minore) che ruotano a loro volta lungo un'orbita circolare (di raggio molto maggiore), situata attorno alla Terra. Tali cerchi minori sono da lui detti "epicicli", perché sovrapposti a un altro cerchio - vale a dire l'orbita circolare maggiore - che risulta eccentrico rispetto alla Terra, in quanto il suo centro non coincide con quello terrestre, ed è pertanto chiamato "deferente" o "eccentrico".
Malgrado le sue complicazioni, il modello costruito da Ipparco riusciva a spiegare quasi tutti i fenomeni astronomici allora noti, tanto che fu interamente accolto nella grande sistematizzazione operata da Tolomeo e destinata a rimanere pressoché inalterata fino a Copernico e Galilei.
